Tripofobia: che cos'è, quali sono i sintomi e come curarla
Guardando questa immagine provi repulsione e disagio? Forse non sai che soffri di tripofobia: che cos'è e come riconoscerne i sintomi
Premetto che non è stato facile per me scrivere questo post ma ho ritenuto interessante parlarne perchè si tratta di un argomento di cui si parla molto poco ed è ancora poco conosciuto: la tripofobia.
Io stessa ho scoperto di soffrirne di recente, sebbene in maniera molto leggera, grazie ad internet, mentre guardavo delle immagini particolari che ritraevano un insieme di buchi profondi e ravvicinati nella pelle di un uomo. La mia reazione di disgusto mista a una curiosità morbosa nel continuare a guardare quell'immagine, sulle prime non mi ha fatto pensare a qualcosa di patologico ma col tempo ho capito che c'era qualcosa di più.
Questo mi ha spinto ad approfondire l'argomento, scoprendo che di tripofobia ne soffrono in tanti ma che spesso non viene riconosciuta nemmeno come una patologia da curare ma come un banale fastidio ottico a livello istintivo che passa distogliendo lo sguardo. In realtà, la tripofobia è molto più complessa, sebbene non sia da considerarsi un disturbo mentale a tutti gli effetti.
Che cos'è la tripofobia
Il termine tripofobia è composto dalle parole greche trýpa (buco) e φόβος (phóbos, paura) e indica la paura dei buchi. Nello specifico non si tratta di una paura dei buchi in generale, ma più precisamente
di immagini e oggetti composti da piccoli fori molto ravvicinati tra loro e profondi come possono esserlo il favo di un alveare o una spugna di mare.
La sola visione di queste immagini può provocare nei soggetti tripofobici una forte sensazione di disagio e malessere sia fisico (nausea, vertigine) che mentale (ansia, panico), fino a raggiungere livelli invalidanti nei casi più gravi.
Nonostante ciò, la tripofobia non è riconosciuta come una patologia mentale ma viene considerata come una fobia specifica.
Tripofobia: cause e sintomatologia
Gli studi sulle cause della tripofobia sono piuttosto recenti e risalgono ai primi anni 2000: la reazione inconscia che scatena un tale livello di repulsione è riconducibile alla porzione primitiva del cervello che associa determinate forme a situazioni di potenziale pericolo. Una paura atavica, in sostanza, che ha superato ogni era evoluzionistica e che si ripresenta ogni volta che il nostro cervello elabora un'immagine che rappresenta buchi profondi e ravvicinati, specialmente quando da essi fuoriesce qualcosa (vermi, insetti, semi o liquido).
Tali reazioni avvengono solo in soggetti tripofobici, anche perchè si tratta di oggetti spesso di uso comune che però non innescano le stesse emozioni negli altri. Le persone che soffrono di tripofobia grave possono sentire disagio o repulsione anche guardando una melagrana o delle bolle di sapone, mentre nelle forme più leggere la reazione inconscia di paura si può avvertire entrando in contatto con forme che rappresentano una situazione pericolosa già in situazioni cosiddette normali: un nido di vespe, un'arnia o addirittura i pori della pelle, che la nostra mente considera potenzialmente vulnerabili.
Una sintomatologia tripofobica che è spesso frutto del nostro inconscio e che in alcuni casi diventa incontrollabile.
Come curare la tripofobia
Più che curare sarebbe più corretto dire "come superare la paura dei buchi" perchè non esistono trattamenti farmacologici in merito. L'unico metodo per risolvere la fobia dei buchi è la terapia dell'esposizione, tecnica usata per il trattamento di altre fobie simili e che si è rivelata la più efficace, almeno nei casi meno gravi.
In breve, ci si espone gradualmente alla visione delle immagini che più ci infastidiscono finchè non sopraggiunge la reazione di disagio. Ogni giorno, sempre un po' di più, finchè la nostra mente non si "abitua" a vedere quelle forme e a non riconoscerle più come pericolose.
E' un processo di guarigione che può variare da soggetto a soggetto e che va associato a una buona dose di auto-convincimento.
Nel mio caso, la reazione di repulsione era scatenata da immagini di buchi nella pelle, molto diffuse sul web e sui social (con fotomontaggi di baccelli di fiori di loto) e create ad hoc per provocare forme di disgusto, quindi non reali. Col tempo e con tanta pazienza, ho cercato di controllare le mie reazioni istintive imponendomi la visione e partendo dal presupposto che non si trattava di una situazione reale ma di un fake. In questo modo sto superando la mia tripofobia, non lasciandomi travolgere dalla paura ma affrontandola a muso duro, e sta funzionando.
Nei casi più gravi è raccomandabile rivolgersi invece a uno psicologo che saprà consigliare le tecniche di rilassamento, l'attività fisica e gli esercizi più idonei per gestire l’ansia, oltre alla terapia più adeguata per controllare i sintomi collaterali.
Ovviamente ho evitato di inserire immagini che possano infastidire potenziali o inconsapevoli persone tripofobiche, ma sappiate che non siete sole e che questa fobia è più diffusa di quanto si pensi, ma dalla quale si può guarire.
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